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tutto contrafatto, et anco ho veduto la mia dolce Nicolosa tutta smarrita per la malatia di Pippa. Ma io vi dico che io per me a lei non m’acosterò punto; e spero che Nicolosa non la vorrà abandonare, e per questo dubito ch’ella non prenda lesione innella persona come la Pippa, e non so che fare».

Disse il medico: «Io sento che hai una possesione». <«Sì>, assai presso a una mia zia la quale è tanto a noia a Nicolosa che non credo che Nicolosa volesse che la Pippa fusse al suo governo, et altra non ho». Disse il medico: «Tu dèi più amare la donna che la zia, però che il vangelo dice: Erite duo in una carne: e serà una moglie et uno marito in una carne. E pertanto vogli più che la zia pata afflizione che la donna». Sandro risponde: «Or se la donna vi vorrà andare e non voglia che altri vi vada, che farò?» Lo medico dice: «< . . . . . . . . . . . . > che arai tosto alle spalli chi ti darà una giovanetta con molti fiorini; e se tua donna s’elegerà il male e non sia tua colpa, non sarai riputato se non buono. E già t’ho trovato la Vezzosa de’ Tolomei, la quale è delle belle giovane di Siena».

E come queste parole ebbeno ditte, partendosi da’ luogo, la donna tinta innelle ciglia, quasi si volesse combattere spettò il maestro e ’l marito dicendo: «O maestro, io vo’ sapere quello che della Pippa dé essere, e non vo’ avere più caro altri che me: ditemelo tosto». Lo maestro dice: «Andiamo fuori di camera e tutto vi conterò». Madonna Nicolosa disse: «Io vo’ che qui mi dichiate tutto». Lo medico disse: «Pippa, sentendo, di paura morrè’». La Pippa disse: «O maestro, io serei più tosto contenta di crepare che la mia cara suoro avesse male a l’unghia del piede». Lo maestro disse che ben sarebe che la Pippa andasse fuori. E non lassando Nicolosa livrare l’ultima parola al maestro, disse: «O Sandro, io ti dico che tu mandi la Pippa in villa e mandavi tua zia, che ogni poco che n’è aregato e tu dici: — Porta questo a mia zia — . E però, come le mandi il bene, mandali ora la Pippa a servire». Sandro, che ha quello vuole, dice: «Tu sai che io non vorrei che tu l’abandonassi per lo tempo arà a vivere, com’hai fatto fine a qui». Nicolosa: «Ora veggo che pogo m’ami che voresti che io morissi e poi prenderesti Vezzosa de’ Tolomei, cane che tu sei.