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novella v 27

sione li parve vedere uno ramarro grossisimo che carnalmente con la sua donna giacea. Lo re stupefatto con tremore si destò avendo già nel cuore concetto nuova malizia, sì per l’amore che portava alla donna sua, sì per la paura che quasi di spasmo morìo. E mandato per suoi maestri e istrolagi narrando la sua visione e la cagione della sua infermità, li quali senza alcuno rimedio partendosi non sapendo trovare il tinore né la ragione di tal malatia, lo re e i reali veduto tal fatto, avuto novo consiglio e narrato il difetto de’ re, fu deliberato, doppo molti consigli, che si mandi per tutta Cristianitá e per la Giudea imbasciaria con pieno mandato che qualunca persona promette di guarire lo re che in recomenda e’ drá tutto ciò che altri sa dimandare salvo la corona e la donna. E qual persona promettesse e non facesse sano lo re, sia morto. Questo consiglio piacque a tutti e, fermato con bolle e carte, si elessero molti imbasciadori in più luoghi; e massimamente per la Italia s’elesseno tre imbasciadori onoreveli con piena balìa.

E perché de li altri non è da far menzione, tornerò a dire che giunti i ditti imbasciadori a Vignone e quine non trovando rimedio allo re, si dirizzonno verso Saona e dapoi alla cittá di Genova; e intrati in mare pervennero a Pisa, sempre investigando di savi omini. Giunto in Pisa, pogo acquisto fenno: si dirizzonno verso Lucca. E stati a Lucca alcuni dì, passonno per la via di Pistoia. E perché in Pistoia arenno più tosto trovato di molte barlette che astrolagi, niente acquistarono, e caminaron verso Firenze per la via del Pogio a Caiano. Essendo del mese di luglio, inne’ grandi caldi, i preditti imbasciatori giunseno a Paretela e quine sposarono, dando pensieri che loro e’ loro cavalli e famigli mangiassero e alquanto posassero.

E veduto l’ora da doversi partire per andare a Firenze, domandaro del camino: fu per uno cavalieri fiorentino nomato messer Aluisi Salviati, il quale quine era venuto per ispasso, ditto: «Io vado a Firenze, noi possiamo andare insieme». L’imbasciadori, vedendo costui in forma di cavalieri e solo, stimolino co’ lui seguri potere andare a Firenze. E intrati in camino e caminato alquanto, l’uno delti imbasciadori parlò dicendo: «Messer, acciò che non c’incresca la via, montate in sul nostro ronzino e noi monteremo in