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novella iiii 25

santo. La donna quello crede e conciò il resto; e Ganfo quella testa ne porta secretamente alla sua bottega senza che altri se ne acorgesse.

Zanobio calzolaio avendo il giorno molto beuto e ritenuta l’orina per poter le pelli di Ganfo guastare, giunse con grande volontà alla scala e aperto il buco misse il marcifaccia giuso e cominciò a orinare. Ganfo questo vedendo, aperto la testa del luccio e ’l marcifaccia preso e strettamente colle mani serrato la testa, intanto che Zanobio credette che fusse la gatta, dicendo et alettando la gatta con dolci parole. Ganfo dimostrando esser gatta, io dicendo: «Miau, Miau», stringendo la testa del luccio, Zanobio non potendo piú sostener per lo dolore, e fu costretto a dover gridare. Li vicini accorrendo e trovando Zanobio col marcifaccia giú della scala, stimando la gatta di Ganfo averlo preso, e biasmando Zanobio del vituperio che avea fatto a Ganfo — avendo sempre afermato Zanobio che i topi eran quelli che le pelli bagnavano — disseno tutti al ditto Zanobio che se male ne l’è avenuto l’ha bene comperato. Zanobio che per lo dolore era quasi finito e non potendo parlare, stimonno i vicini Zanobio morire e diliberonno andare a casa di Ganfo per aprire la bottega e per levare la gatta dal marcifaccio. Ganfo, sentito questa voce, presto, acciò che non vi fusse trovato, lassò et aperse la testa del luccio. Zanobio tramortito fu portato in sul letto. E chiesto il prete, e’ confessòsi per fallo commesso chiedendo a Ganfo perdono, e in poghi giorni passò di questa vita. Di che Ganfo per amenda secretamente ogni dì per la sua anima diceva una avemaria.

Ex.º iiii.