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XLVI


E ditto tale novella, tutti andarono a dormire.

L>o preposto e la brigata stata consolata della bella novella, e la mattina levati, andando il preposto raguardando le genti lezze di Roma e’ grandi casati e quelli comprendendo esser tanti che di gentilla il mondo arenno ripieno, e considerato la gentilìa loro esser vera e non simulata, tornati a cena la sera cenarono.

E dapoi il preposto disse: «Per certo se Roma anticamente avea il mondo signoregiato non è da aver meraviglia, considerato la vera gentilezza ch’era stata in Roma, ché volentieri ogni persona sta contenta esser da vera e buona gentilezza governata; e non dalla gentilezza che oggi in queste parti d’Italia si trova, però che alla avarizia è dato oggi l’onore della gentilezza. E però le signorie d’Italia poco durano, perché non ci s’usa gentilezza vera ma sì simulata». E voltatosi a l’altore disse che d’una bella novella la brigata contentasse. L’altore disse: «Volentieri», voltòsi dicendo:


DE LEALTATE

Della Tarpea di Roma ’ve stava tutto lo tesoro di Roma.


N>arrasi che li Romani antichi aveano uno palagio innel quale si riponea tutto il tesoro di Roma; il quale luogo era nomato Tarpea. Era questa Tarpea con porti di ferro e con molte chiavi, et erano queste porti fatte per tal modo che quando s’apriano faceano tale lo romore che tutto Roma lo sentìa, né mai si poteano aprirle che coloro a chi era dato a guardia le chiavi non vi fussero. E tal tesoro si riserbava per lo comune bisogno et a casi stretti.