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XLV


A>vendosi levato la mattina la brigata e ’l preposto andando ragionando per Roma l’antichissime cose romane, maravigliandosi di quella agulla alta d’un pezzo, dove vidde di sopra una palla in che sta la cenere di Cesari, primo imperadore di Roma; e ritornati la sera a loro abitagione narrando doppo la cena le meravigliose cose vedute, dicendo: «Tutte le cose meravigliose che i Romani vedeano in alcuna parte del mondo, tutte le faceano a Roma venire»; e per non tenere molto la brigata a disagio, disse a l’altore che una novella dica, avendo loro dato piacere quella che ditta avea. L’altore, che presto era a ubidire, disse:


DE RE PUBLICA

Come Aniballe asediò Roma, e come Formione uscì fuori et
amazzòlo innel paviglione al fuoco stando co’ baroni.


E>ssendo Roma assediata da Anibaie Affricano, e quello essendo più tosto atto a disfarla che Rom’a potersi difendere, e non avendo li Romani potuto contastare alla potenzia di Anibale, e non avendo genti d’arme né soccorso spettando, consigliandosi fra loro, disseno: «Che partito prenderemo? Voi vedete Roma assediata e di fame opressa, e vedetela in tal termine che necessaria cosa sarà noi innelle mani del nostro inimico metterci; e quanto a Roma et a noi torni onore, voi lo potete comprendere. E pertanto a me parrè’ che se vi fusse persona che volesse mettere sé alla morte per salvare Roma, saremmo di tanta pestilenzia liberi. E il modo che dovrè’ tenere sarè’ che con uno coltello