Pagina:Sercambi, Giovanni – Novelle, Vol. I, 1972 – BEIC 1924037.djvu/177


novella xxxviii 177

rimisso a’ suoi maestri. Multiplicandoli la robba e’ denari tra le mani, cominciò a fare del maestro vestendo onorevilemente. E per più stare agiato prese, oltra la bottega che avea, una bella casa et agiata, non guardando pregio né pigione, facendo ogni di desnari e cene a prelati et a baroni et alcuna volta a mercadanti stranieri. E per alcune feste il giovano avea seco a cena et albergo alcune fanciulle di xvi in xx anni, e per stare più caldo volea sempre fussero ii o più; e vedendo alle volte delle casarecce, con imbasciate talora n’avea una a suo piacere con far loro doni. E simile con certi compagni alcuna volta giucando prendeano spasso, et io ancora con leuti et alcuni cantarelli et alcuna volta una fanciulla vestita a modo di uno giovano, di notte andavano cantando. Et era tanto il piacere che Daniello si dava che li pareva aver meglio che ’l papa. E tutte queste cose si faceano con grande spesa, ma il guadagno grande che la bottega facea lo portava leggieri.

Sentendo i suoi maestri il gran guadagno che a Viterbo si facea et anco sentendo la spesa che Daniello tenea, più volte li scrisseno che il conto mandasse a Milano. Lui che sempre in sul piacere si dava buon tempo, dava indugio a tal conto. Daniello indugiando, e più volte essendoli scritto di questo conto a nulla rispondea, divenne che uno giorno, riceuto lettera da’ suoi maestri che se il conto non mandasse che loro manderebeno uno fante fine a Viterbo a contare seco, Daniello che vedea la lettera, il guadagno multiplicare non istante la spesa, si dava buon tempo dicendo: «Vegna a che ora vuole che io posso buon conto mostrare»; e pur non risponde.

Li maestri, avendo aspettato alquanti mesi, diliberonno di scrivere a Daniello una lettera innella quale contenea che lor voleano mandare là uno garzone nomato Princivali; e che metta in ordine tutte mercantie <e’> denari ditti sì ch’e’ non perda tempo quando là giungerà. Daniello, che cognosce Princivalli, pensa: «Per certo costui potrà venire in suo luogo. A me mi conviene tenere modo che la stanzia non li piaccia». E pensò fare una camera sotterra storiata e dipinta e fornita d’un bellissimo letto e di tutto ciò che a camera s’apartiene. E tal camera ordinò in tal maniera che se tutto ’l mondo fusse presente e gridasse, in