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152 g. sercambi

quelli non potendo spendere li adussi a monna Soffìa vostra donna, come mi diceste, presente questo mio famiglio. E perché a me fu sommo servigio, posto che io quelli non spendesse vò’ che voi con monna Soffia abiate queste anguille e queste tinche e che le godiate per mio amore, non per rispetto del servigio ma per domestichezza». Pierozzo, che ode che alla moglie ha renduto li fiorini ii cento, non avendoli nulla ditto le disse: «Oh, tu non me n’hai ditto nulla». Lo famiglio astuto disse: «Pierozzo, in mia presenzia messer Bernardo lel diè».

La donna subito comprese la malizia di messer Bernardo e disse: «Io pensava dirtelo a più agio, ma poi che messer Bernardo dice che a me li rendéo elli dice vero; ben credea che fussero stati d’altra mercantia che di presto, e arei voluto che alla ragione della mercantia tu li avessi messi». Pierozzo disse: «Io lel prestai il giorno che di qui mi partì». Messer Bernardo: «Voi dite vero, e per certo il servigio fue a me grande e però sempre mi vi tegno obligato». La donna come baldanzosa disse: «O a me non vi tenete obligato? Già sapete che io sono una volta moglie di Pierozzo, e così dovete essere obligato a me come a lui». Messer Bernardo, che di lei avea avuto quello volea, cognoscendola cattiva disse: «Madonna, innelle nostre contrade li mariti portano le brachi et a loro si dé render reverenzia. Et io vo’ oservare la legge del mio paese però che a Pierozzo de’ denari prestati li son sempre obligato e non a voi». Pierozzo che ode sì bel parlare dice alla donna: «Messer Bernardo ha ditto quello che si conviene». E preso l’anguille e le tinche, messer Bernardo si partìo, e Pierozzo colla moglie rimane.

Monna Soffia vedendosi così esser beffata, pensò di non cadere in tal fallo mai con persona che per quel modo riabia quello che dato l’avesse. E così oservò poi.

Ex.º xxxii.