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disse il fatto tutto delle candelle e il sospetto preso di lui. Lo podestà, vedendolo tanto orevile, stimò: «Per certo costui dé esser cattivo poi che così tristamente si lassava la tricca gridare dirieto»; e stimò: «Costui dé esser forsi quello che tanti furti ha fatto». Minacciandolo di parole per sentire sua loquela, li cominciò a dire: «Ladro, tu farai ragione meco». Stoldo, udendo il podestà, tremando a niente rispondea.

Lo podestà comprese costui esser di cattiva vita, e subito menatolo alla colla e fattolo spogliare per tirarlo suso, Stoldo disse: «Io veggo che io debo morire: non mi fate male et io dirò tutto». Lo podestá disse: «Dì». E al notaio suo disse: «Scrive». Stoldo cominciò a dire che lui era quello che di notte colle candelle furava, nomando i luoghi dove furato avea et ove avea le cose tolte et apiattate. Lo podestà mandato a cercare trovò tanta roba che piú xxx mila fiorini valea.

Sentitosi che i’ ladro era preso, ogni persona che perduto avea riebbe il suo perché poche cose avea consumate. Perché era re de’ ladri, lo podestà con una corona in testa in sun un paio di forchi alte lo fe’ apiccare. E così finì sua vita.

Ex.º xx.