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la grande giornata. 89

un redattore sicuramente. Egli li guardava con una certa tenerezza, pensando che in quel momento essi forse architettavano uno di quei brevi ma eleganti edifizietti di prosa, dove era così leggiadra la disinvoltura e così simpatica la fierezza di chi sa.

“Se cade il suo partito, vedrai che calo fa il giornale....” gli diceva un rabbioso studente che voleva gli uomini nuovi.

“Non può morire: è immortale come tutte le cose fatte di pensiero,” rispondea superbamente Riccardo.

Ma in cuore suo un rancore col giornale suo prediletto ce lo aveva. Tre volte gli aveva mandato degli articoli: mai nulla era comparso. Eppure gli sembrava che fossero il fior fiore della sua intelligenza, il primo e puro germoglio, quella primizia innocente e forte che va a morire quasi sempre ignota in un cestino di carte stracciate. Ma come si comincia, dunque? Ma che avevano fatto per sbucare, quelli che erano lì, felici, parlando, ogni mattina, a centomila lettori? E una voglia pazza gli veniva, di sera, incontrandone uno per la strada, di chiedergli il segreto di quel grande primo passo.

— Non riescirò mai, — diceva fra sè disperato.

Ne ammalò. Ebbe una febbre biliosa che degenerò in febbre di malaria: e nelle ore di in-