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80 la grande giornata.


L’indomani corresse qualche frase, aggiunse delle virgole, copiò in pulito l’articolo, lo mise in una busta e lo indirizzò alla direzione del giornale politico del mattino che, sebbene ancora molto giovane, era già molto forte. Per otto giorni Riccardo aprì il giornale con un tremolío interno, sperando di veder pubblicato il suo articolo. Nulla fu pubblicato. Scrisse una letterina dignitosa, dando il suo indirizzo, richiedendo il suo manoscritto, che gli serviva. Niuno gli rispose, mai. Rifece la prova, due o tre altre volte, dopo settimane di esitazione, mandando degli articoli così intitolati: Dove andiamo?Il voto di ieri.Il fallimento della politica. Nessuno di essi fu pubblicato. Allora una sfiducia grande lo colse: e si sentì sprofondare in una miseria spirituale, donde niuno lo avrebbe mai tratto.

Ma mentre le ore della giornata gli si facevano sempre più tetre, le ore della sera erano un sollievo: si andava a ficcare nel Caffè Cavour, al caldo del gas divampante, fra il fumo dei sigari e l’odore pesante di zucchero che è in ogni caffè: ivi, nel solito crocchio di studenti, impiegati e giornalisti di second’ordine, avvenivano le grandi discussioni di politica e di letteratura. Gli studenti si riscaldavano, coi cappelli buttati indietro sulla fronte, le facce