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62 piccolo.


“Un ventaglio e un anello: belli.”

“Per la stagione, ti devi contentare.”

Parlavano pianissimo, come un soffio: erano risaliti verso il fondo, dietro la scena, in una penombra vasta, piena di cassoni, di tavoloni, dove delle ombre si agitavano vagamente, senza far rumore. Riccardo si teneva stretto a suo padre. Sempre il palcoscenico gli faceva un certo effetto, di sgomento e di curiosità: quel luogo strano, che non rassomigliava nè a una piazza, nè a una trattoria, nè a una chiesa, nè a una casa, che non rassomigliava a nulla, quel parlottío basso e quelle voci lontane che venivano dal palcoscenico, quei comici bizzarramente camuffati, con le guance dipinte, le labbra dipinte, gli occhi dipinti, che si movevano in quella penombra, con la faccia stanca o indifferente, aspettando il loro turno, colpivano la immaginazione del fanciullo.

“Qui Riccardo ha portato i suoi fiori,” mormorò Paolo.

“Andiamo ad aspettare l’Amalia in camerino: ora finisce l’atto,” rispose il marito.

Nel camerino il gas fiammeggiava, il caldo era soffocante: le sedie erano coperte di vestiti, di mantelli, di asciugamani: una cagnetta dormiva in un angolo, arrotolata sopra una gonnella di raso rosso: le scarpette erano sbandate,