Pagina:Serao - Vita e avventure di Riccardo Joanna, Milano, Galli, 1887.djvu/49


piccolo. 39

fuori, Riccardo accostò la faccia ai vetri. Fuori la porta, a tre passi di distanza, una trentina di monelli stazionavano, aspettando: vi erano dei bimbi di sei anni e degli adolescenti di quattordici: due o tre vestiti decentemente, tutti gli altri laceri, cenciosi: alcuni scalzi: qualcuno con un cappelletto sfondato, qualcuno con un berretto stracciato, gli altri col capo nudo. Si affollavano innanzi alla tipografia, urtandosi, spingendosi per farsi avanti, buttandosi in terra, dandosi degli scappellotti, piangendo, ridendo, bestemmiando: ma Capozzi, un giovanottone, stava piantato innanzi alla tipografia e non li lasciava entrare. Capozzi era il loro capo, il loro comandante, il loro signore: Capozzi era il loro ingaggiatore, era quello che distribuiva i giornali, era il tiranno temuto e venerato. Stava sulla porta, col cappello abbassato sopra un orecchio, con la mazza d’India del guappo, con un’aria di autorità che pochi ribelli osavano affrontare. E come litigavano fra loro, si acchiappavano pel collo, egli con una parola, con un rovescio di mano li divideva.

“O moccosiello, sta fermo, se no ti mando via senza giornali!”

Bellu guaglione, figlio di buon cristiano, lo vuoi un calcio?”