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una catastrofe. 367

tro, le falde del soprabito, la faccia che interrogava ansiosamente la lontananza di Via Santa Radegonda. Alla fine l’usciere comparve, lentamente si accostò, restò ritto innanzi a Joanna.

“Ebbene?”

“Sua Eccellenza il principe è partito alle ore 5 e 20 per Parigi.”

“Toh!” fece Riccardo Joanna. E rise.

Antonio Amati non l’aveva mai inteso ridere in quella giornata: e se ne sgomentò.

“È partito.... improvvisamente?” chiese, poi, Riccardo Joanna.

“No, signor cavaliere: doveva partire.”

“Nulla ha lasciato detto per me?”

“Nulla.”

“Sua Eccellenza il principe non lascia mai detto nulla. E quando torna?”

“Non si sa, signor cavaliere.”

“Non si sa mai quando ritorna Sua Eccellenza il principe.” E rise di nuovo. L’usciere domandò:

“Posso andare, ha bisogno più di me?”

“Non mi serve nulla, andate pure.”

Riccardo Joanna rientrò in tipografia. Camminava piano, accostandosi al signor Casiraghi. E costui gli lesse sulla faccia la cattiva notizia. Ma la sua collera non esplose. Freddamente gli disse che non stampava, quella sera: