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una catastrofe. 365


“Infine far qualche cosa, ma partire?”

“Tutto è inutile, tutto,” disse Riccardo Joanna, aprendo le braccia, desolatamente.

Antonio Amati pensava, pensava. Poi alzò il capo:

“Senta, signor Joanna, io ho un’idea....”

“Sarà buona.”

“Io non ho le trentacinque lire, ma posso averle. Ecco qui la mia catena e il mio orologio: li mandi a impegnare.... ma è tardi, le agenzie dei pegni saranno chiuse....”

“No, no, sono ancora aperte,” disse precipitosamente Riccardo Joanna.

“Ebbene, ecco.”

“Grazie,” fece seccamente Joanna.

E chiamò il ragazzino, se lo fece accostare, gli parlò sottovoce. Gigino ascoltava, con aria di furberia, non disse verbo, mise la catena e l’orologio in una carta e scappò via senza salutare.

“Andate da Sua Eccellenza, sono le sei,” disse Riccardo Joanna all’usciere.

“Gliela porto qua la risposta?”

“No, portatemela in tipografia.”

La tipografia era un po’ lontana, in Via Santa Radegonda. Già vi ardeva il gas: e i compositori erano nel fervore del lavoro, i macchinisti davano l’olio alla macchina, un’aria di