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362 una catastrofe.

l’automa giornalista, ebbe combinato tutto l'originale pel giornale. L’usciere andava e veniva, senza parlare, anch’esso diventato una macchina, in questa silenziosa asportazione di carta scritta e stampata.

“Ecco fatto,” disse Riccardo Joanna, ficcandosi le mani in tasca.

“Già fatto? È un miracolo. Non avevo mai visto fare un giornale. È bellissimo.”

“Domani il giornale sarà orrendo.”

“Oh!”

“Orrendo, orrendo: io ne capisco.”

“Ma le pare!”

“Almeno questa sua bruttezza piacesse al pubblico! Perchè, vedete, il pubblico ama assai le cose brutte, le cose volgari: ma ama una speciale bruttezza, una speciale volgarità. Chi la indovina, quello è bravo. Io.... non ci riesco. Eppure lo fo abbastanza male, il Tempo. Le dirò una cosa, Amati; e senza posa. Alla mattina, io ho un moto di ripulsione quando veggo il mio giornale.”

Antonio Amati ascoltava, fattosi triste. Di là si udiva un grande scricchiolío di forbici: un ragazzino di dodici anni dava di grandi forbiciate nelle fasce, per la spedizione. Ritto sopra un seggiolone egli tagliava le striscette rosse, azzurre e gialle, che spesso volavano at-