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una catastrofe. 361

bito di Riccardo Joanna! Costui aveva finita la sua lettera, e la mandava in tipografia: aveva promesso al tipografo Casiraghi di dargli dei quattrini per le sei. Macchinalmente, andava rivedendo certe corrispondenze antiche, certi vecchi articoli che non aveva mai voluto pubblicare, e che man mano andava pubblicando, certe vecchie novelle di scrittrici sconosciute: e con le forbici andava tagliuzzando pezzetti di altri giornali, incollandoli sopra pezzi di carta bianca, scrivendovi qualche frase per cominciare e per finire. Macchinalmente, leggendo i giornali francesi, compose due telegrammi particolari, assai lunghi: macchinalmente, fumando, dormicchiando, fece un articoletto, poche cartelline e lo firmò con quell’i lungo che pareva talvolta un’accetta, talvolta una rivoltella. Antonio Amati lo guardava con ammirazione, come si guarda un automa che agisce come un uomo.

L’automa giornalista si moveva precisamente, senza dar cenno di fastidio o di stanchezza: niuna impressione si manifestava sul viso floscio e pallido, l’occhio smorto restava senza sguardo: solo le mani andavano e venivano, meccanicamente, adoperando le forbici, la colla, la penna, il lapis rosso. In mezz’ora di questo lavorío macchinale, Riccardo Joanna,