Pagina:Serao - Vita e avventure di Riccardo Joanna, Milano, Galli, 1887.djvu/370

360 una catastrofe.


“Aspettate pure,” aveva detto Joanna, fingendo disinvoltura.

E si era rimesso a scrivere, come se nulla fosse. Ma la sora Rosina restava lì, piantata, con una cera di donna paziente che aspetterebbe così il giorno del giudizio. Per poco Joanna scrisse, ma poi la penna gli schizzò, per un moto nervoso. Antonio Amati continuava a leggere i giornali, ma non capiva nulla: li spiegava e li ripiegava, pian piano, come se temesse di far rumore, come se volesse farsi dimenticare. Immobile, come un dio Termine, la sora Rosina stava lì come un incubo. Alla fine, non reggendosi più, Antonio Amati si alzò, andò presso Riccardo Joanna, e gli parlò sottovoce. Il giovane giornalista arrossiva, il vecchio giornalista impallidiva: e qualche cosa fu fatto, rapidamente, fra loro. Antonio Amati ritornò al suo posto. Dopo cinque minuti, con un alto disprezzo, con un cenno imperioso, Riccardo Joanna tese un batufoletto di carte alla lavandaia:

“Eccovi le vostre ventisei lire.”

Ella se ne andò, borbottando. Non era una cattiva donna, no, ma furiosa quando voleva il suo. Riccardo Joanna non si degnò neppure di risponderle. E Antonio Amati provò un minuto di felicità pura; aveva almeno pagato un de-