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una catastrofe. | 359 |
dasse, s’irritò, alzò la voce brandendo il suo ombrello come una clava. La scena divenne clamorosa: qualunque cosa le dicessero Riccardo Joanna e l’usciere, che era accorso, non valeva a calmarla; ella urlava come una trecca, voleva le sue ventisei lire o andava alla questura, andava da un altro giornale a denunziare questi bricconi che vanno tutto il giorno in carrozza, e non hanno ventisei lire da dare a una disgraziata.
“Portate le camicie sporche, quando non avete denaro,” strillava.
Invano Joanna le andava ripetendo il suo eterno domani: ella non ci credeva a questo domani, non voleva tornare, li voleva in quel momento. E gridava tanto, diceva tante parolacce, che Antonio Amati, tutto tremante, alzava quanto più poteva il giornale che leggeva, per nascondersi; avrebbe voluto scomparire, tutto.
“Ritornate alle sei,” disse Riccardo Joanna, non sapendo più come placare la lavandaia.
Ma che! non voleva ritornare, le gambe le dolevano, non stava a sua disposizione: avrebbe aspettato sino alle sei, non si moveva di lì, incredula, ostinata. E prese una sedia, si mise a sedere calmata di un tratto, aspettando quietamente le sei.