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352 una catastrofe.


“Niente, niente,” balbettò l’altro fra distratto e sonnolento.

“Andate a domandarla di nuovo.”

“Va bene,” fece l’altro sbadigliando.

Poi, come rammentandosi:

“Signor cavaliere, è venuto il postino delle raccomandate.”

“Ah!” fece Joanna, e un lievissimo rossore gli salì alle guance. “Ha lasciato?”

“Non ha voluto....”

“Che bestia!”

“Tornerà alle sei. Veniva da Napoli.”

“Forse....” pensò ad alta voce Joanna. “Forse è un manoscritto....”

Ed entrò nella sua stanzetta, seguito da Antonio Amati. Il giornalista novellino taceva, ora, senza più voce: tanto quello che vedeva e ascoltava lo empiva di meraviglia. Riccardo Joanna si sedette al suo posto e un sospiro di stanchezza si sprigionò dal suo petto: stava col capo chino, gli occhi chiusi dalle palpebre rosse e gonfie, più pallido, più giallastro che mai. Ad Antonio Amati parve che il direttore del Tempo avesse cento anni, ma cento anni di dolori, di travagli, di sfinimenti.

“Orsù....” fece Joanna, come se fosse solo e si decidesse a qualche cosa.