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una catastrofe. 339


“Bene, bene.”

“Aspetta da un’ora.”

“Continui pure il suo articolo, signor Amati.”

Ed entrò nella sua cameretta. Antonio Amati udì che una voce si alzava, irosa, e che un’altra, fredda tranquilla, gli rispondeva, come per acquietarla. La discussione si chetava, poi ricominciava, più forte: e impediva ad Antonio Amati di scrivere. Infine Riccardo Joanna schiuse la porta, venne sino al tavolino di Amati, guardò per poco il giovanotto che si affaccendava a scrivere e d’un tratto, gli disse:

“Ce le avrebbe mille lire, addosso, signor Amati?”

“No.... non le ho.... non le ho proprio....” fece l’altro, interdetto, tremante.

“A casa, allora? Le vada a prendere.”

“Mi dispiace.... ma neppure a casa.... mi scuserà.... sono confuso....”

“Non importa. Le volevo dare qui, a Casiraghi, che non stampa il giornale se non ha per lo meno mille lire.”

“E come si fa?”

“Ma non si dia pena. Continui il suo articolo. Grazie tanto.”

E voltò sui tacchi, con disinvoltura giovanile, come se nulla fosse stato. La discussione,