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332 una catastrofe.

venne il garzone del pizzicagnolo, e il contratto durò lungamente, fra lui e Agabito: le voci si alzarono. Riccardo Joanna, attratto dal rumore, comparve sulla porta: e assistette al dibattito. Ora che lo vedeva in piedi, Antonio Amati si rimetteva dalla impressione di magnificenza che gli aveva fatto Riccardo Joanna. La pancia rotonda si vedeva troppo, gonfiante il panciotto bianco di un candore un po’ dubbio, e quella pancia incongrua, assurda, squilibrava tutto il corpo. Malgrado la stagione calda, Riccardo portava una redingote greve: la testa si affogava un po’ nelle spalle. Intanto il garzone del pizzicagnolo, dopo aver contato e ricontato i quattrini di rame, se ne andava, borbottando ancora. Agabito rimaneva, con le mani cariche di soldoni.

“È venuta la risposta di Sua Eccellenza?”

“No, signor cavaliere.”

“Ah! E quanto avete fatto?”

“Nove lire e venticinque, signor cavaliere.”

“Quanti chili?”

“Trentasette.”

“È strano: parevano di più.... Cambiatemi questi soldoni.”

Se ne andò in camera sua: si sentì che spazzava il suo cappello, lungamente. Poi Agabito gli portò le nove lire in argento. Riccardo