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324 | una catastrofe. |
vane, erchè vengo dalla provincia; mi tratta male, signor Joanna, e non me lo merito....”
“Figliuol mio, pensi che io le do una prova di stima parlandole così.”
Agabito rientrò, portando certi quattrini in mano: li consegnò a Riccardo Joanna.
“Mancano cinque lire e venti, Agabito.”
“Una lira di carta da pacchi....”
“Sempre questo spreco! E poi?”
“La sua colazione di ieri, il caffè e la birra sono quattro lire.”
“E poi!”
“Venti centesimi, un francobollo pel sor Rinaldo, il redattore capo.”
“Bene: andate.”
Antonio Amati non aveva ascoltato, tutto assorbito nel suo dispiacere di non venir accettato al Tempo, giornale così diffuso, così autorevole e così ricco. E si alzò a malincuore:
“Le tolgo il disturbo: andrò dunque a un altro giornale....”
“A un altro?”
“Sissignore. Oh non mi scoraggio, io! sono ostinato, con la volontà si vince qualunque ostacolo. Farò il giro di tutti i giornali di Milano. Mi offrirò gratuitamente: vedrà che in qualche giornale mi prenderanno.”
E il bel giovanotto bruno e snello era così