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una catastrofe. 321


“Continui pure,” soggiunse di nuovo Riccardo Joanna, rimettendosi a studiare le proprie unghie.

“Scusi sa.... signor Joanna,” riprese quello, “ma ecco, le confesso, ella mi dà soggezione.”

“Io?”

“Certo un giornalista così fortunato in tutta la sua carriera, che ha guadagnato quello che vuole, che guadagna quello che vuole, che ha avuto i più grandi successi! Non si scherza! Noi di provincia la invidiamo, signor Joanna: il suo splendido esempio ci esalta, ci entusiasma.”

“È di provincia, lei?” fece Riccardo con un tono indescrivibile di voce.

“Di Bergamo. Ho preso la laurea a Padova. Oh, le ho scritto due o tre volte, Antonio Amati, ma ella non mi ha mai risposto!...”

“Sa, sono molto occupato e....”

“Capisco, capisco. E.... senta, quello che le chiedevo per lettera, glielo chieggo ora a voce. Mi prenda, qui, al Tempo....”

“Come redattore?”

“Come redattore.”

“I posti sono occupati,” fece Riccardo seccamente.

“Come cronista, reporter, traduttore....”

“Non vi è posto.”