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302 eldorado.


“Mah! sono segreti di ufficio,” fece lui, ridendo, allontanandosi.

Un po’ più innanzi, pel Corso, due o tre giornalisti passeggiavano: uno di essi che aveva lavorato con Joanna, nel Tempo, lo fermò:

“È vero che vendete il Tempo, per un milione e mezzo?”

“Smentitelo, vi prego,” disse vivamente Joanna.

“La notizia o la cifra?”

“La notizia e la cifra.”

“Molti corrispondenti di giornali lo hanno telegrafato.”

“Smentite, smentite.”

Parlando così contraddittoriamente, egli obbediva a un impulso interno. E senza più fermarsi, andò direttamente in ufficio a chiudersi nella sua grande stanza vuota, dove il fuoco sonnecchiava sotto la cenere. Fiocamente, ogni tanto, dal Corso arrivava la voce di uno strillone che annunziava il Tempo: e in quell’anima disseccata al soffio rovente della vita, una memoria indistinta, lontanissima, si faceva largo, una voce dell’infanzia rinasceva, come tremante, di un altro giornale, un povero e piccolo giornale che si tirava a duemila copie e su cui era morto il padre, Paolo Joanna, morto di malattia e di lavoro. E dalla grande tristezza di questo