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eldorado. 301


“È vero che ella vende il Tempo?

“Sì,” disse lui decisamente.

“Per molto?”

“Un colpo di fortuna.”

“Mi congratulo tanto.”

“Le pare che abbia fatto bene?”

“Non era il momento, forse.... ma la fortuna è bene afferrarla subito.”

Si lasciarono: Riccardo andava, perduto in riflessioni, con le mani in tasca, il cappello abbassato sugli occhi. Non vedeva ancora il piano da seguirsi, non vedeva quale era la sua strada, come l’aveva trovata dieci anni prima. Si trovava in un momento di stanchezza morale, in cui la potenza dell’organismo giornalistico che egli aveva creato, lo teneva sempre, con tutte le sue seduzioni, e una fiacchezza spirituale, una voglia melanconica di finirla, combatteva dall’altra parte, con tutte le tentazioni della pace. Un crocchio di persone, sue conoscenti, era fermo presso il liquorista, a Piazza Venezia:

“Joanna, Joanna,” chiamarono due o tre, vivamente.

“È vero che vendete il Tempo?

“Volevano comprarlo,” disse lui, orgogliosamente, “ma non l’ho voluto dare, per due milioni.”

“E quanto ne volete?” domandò qualcuno.