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296 eldorado.

parata qualche altra burletta, per avere la maggioranza?”

“Non so nulla.”

“Ditelo, ve ne prego.”

“Siete un avversario, non posso dirvi nulla,” e rideva, rideva.

“Siate leale via, ditemi che vi è.”

“Adesso la facciamo noi la burletta, Bolognesi.”

“Addio, amico.”

“Addio, nemico.”

Joanna restò un po’ preoccupato; malgrado il suo disinvolto cinismo, era grande il suo desiderio di vendere il Tempo. Il suo giornale gli dava, in grande, i fastidi dei piccoli giornali e le stanchezze da qualche tempo lo assalivano, più lunghe, più invincibili. Molti e di cifre rispettabilmente rotonde erano i debiti del Tempo, e un impiegato di fiducia, un ragioniere, li amministrava, pagando gli interessi, rinnovando le cambiali, diminuendone la cifra, ma di poco, sicchè gl’interessi mangiavano la metà dei guadagni del Tempo. E siccome i mesi passavano, ogni tanto, malgrado la crescente prosperità del giornale, un presentimento di male gli veniva, temeva che la vendita diminuisse a un tratto, o lentamente, per una qualche causa misteriosa o palese: ed esausto,