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una réclame a quel giornaletto provinciale. Il Tempo, forse, ne avrebbe sofferto: la salute del giornale, anzi tutto. E reprimeva la voglia che aveva di battersi contro Frati, contro l’antico amico, contro il presente nemico: rinunziava, fremendo, all’idea di trovarsi in faccia, pronti ambedue alla vendetta, sciabola contro sciabola, senza dar quartiere, senza usar pietà. Rinunziava, per la vendita del Tempo.

Per consolarsi della quotidiana dose d’ingiurie di Frati, quel giorno, rilesse il bollettino; ma esso, implacabilmente, portava la cifra di novantanovemila ottocento ottanta.

— Il giornale non è ancora abbastanza bello, — pensò fra sè, di nuovo.

E prese il Tempo del giorno prima per leggerlo, lo scorse da cima a fondo. Due romanzi, tradotti, uno dal francese, uno dal russo, con tre titoli per ciascuno; tre colonne di telegrammi in prima pagina, altre quattro, tutte le quattro della terza pagina; una cronaca amplissima, romana e italiana; e delle notizie, delle notizie di tutto, sempre delle notizie, senza commenti, redatte alla meglio, pur di metterne molte, da tutti i paesi, di agricoltura, di borsa, di commercio, di politica, di suicidi, di deviamenti di treni. Nessun articolo: nessuna opinione politica enunciata, difesa o at-