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eldorado. 287

coi quattrini di cento azionisti, di ogni classe, di ogni qualità, di ogni opinione, e di costoro, a mano a mano, aveva difese tutte le idee, tutte le opinioni, tutti i progetti, talchè il Tempo era chiamato il giornale di tutti i colori, il giornale Arlecchino: era Frati che rinfacciava a Joanna tutte le debolezze, tutte le transazioni, tutte le piccole vigliaccherie. L’ex-poeta, diventato speculatore, è sempre eguale a sè stesso: così cominciavano sempre gli articoli di Frati e parea che il Corriere di Piacenza fosse fatto soltanto per ingiuriare il Tempo e Riccardo Joanna; e il giornalista di provincia, sconclusionato ed esagerato, passava il segno e riesciva inefficace, ma la guerra continuava. Dalla sua misera stanza, dove a stento guadagnava le dieci lire quotidiane per vivere, dal piccolo giornale che tirava duemila copie, il mediocre giornalista aveva il potere di turbare il giornalista forte, potente, creatore e animatore di un grande organismo. Invano Riccardo Joanna cercava di corazzarsi nella indifferenza: gli antichi spiriti bollenti si ribellavano. Più volte aveva ruminato una risposta fulminante a Giulio Frati: anzi una volta l’aveva anche scritta, ma sarebbe stato un far conoscere al mezzo milione di lettori del Tempo che uno scrittorello qualunque aveva osato d’insultarlo, sarebbe stato far