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262 il quarto d’ora di rabelais.

Frati guardò fissamente Joanna, aspettando una risata. Vide invece come una nuvola oscurar gli occhi del suo amico, il quale disse freddamente:

“Mi dispiace per quelli che te l’hanno raccontato, ma tu non accompagnerai al cimitero nè il giornale, nè me.”

Stresa, il più tranquillo di tutti, il più giovane, il più lontano dal pensiero della morte, preso anche lui dall’inquietudine che tormentava Frati da parecchie ore, si alzò, andò di là. Si fermò un momento davanti alla scrivania, guardò la busta gialla ch’era sotto il timbro, invaso da una curiosità mordente, da un desiderio di aprirla. Resistette, passò in anticamera, a svegliare il gerente, il povero martire che aveva rischiata la pelle in dieci combattimenti per concorrere alla costituzione di una patria ricca di giornali e povera di quattrini:

“Svegliati, Pompeo, rinfresca la tua memoria: rispondimi.”

“Che è stato?” rispose trasalendo il reduce, oramai avvezzo a queste scosse.

“Che ha fatto il direttore stasera, dalle otto alle dieci, mentre noi non ci eravamo?”

“Cosa doveva fare? Ha letto, ha scritto, non so.”