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248 il quarto d’ora di rabelais.

Il servigio che io mi aspetto da te è immenso, è uno di quelli che legano per la vita e per la morte. Ora fammi un favore, va a cercare quanti più puoi dei nostri redattori: voglio parlar con loro prima di partire, voglio ufficialmente investirti de’ miei poteri.”

“Va bene,” disse Frati, “andrò, ma voglio anch’io un favore. Dammi il revolver che hai nel cassetto.”

“Prendilo pure,” disse Joanna, “tanto, non mi occorre.” Frati lo guardò in faccia. Era tranquilla come non la vedeva più da due mesi, illuminata da un risolino persuasivo. Fu sul punto di lasciar lì il revolver, convinto, ma la sua natural prudenza prevalse. Aprì il cassetto, prese l’arme, se la mise in tasca.

“Vengo subito,” disse.

Joanna, rimasto solo, tolse prima di tutto dal muro una delle pistole che stavano appese al semicerchio di bronzo, con le altre armi da duello; poi cominciò un lavorío lungo. Staccò le palle incastrate nelle cartucce del revolver rimaste nella scatola, e radunò la polvere sufficiente per una carica, la pigiò nella canna, la calcò con un pezzetto dell’originale di Paolo Stresa, vi calcò dentro due palle del revolver. Mancava la capsula. Dove trovare una capsula? Andò in anticamera, a svegliare il gerente.