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il quarto d’ora di rabelais. 243


“Fate un po’ quel che vi piace,” disse Joanna, entrando nel portoncino; e mentre abbasso il liquorista bestemmiava e minacciava, egli montò le scale rapidamente, preso da una ribellione, afferrato dalla pazzia.

Frati accendeva il gas nella stanza di redazione, Joanna si buttò nella sua poltrona davanti alla scrivania, furioso, con una smania di urlare prepotente.

C’erano due lettere. Una busta gialla la prese, la buttò in terra, la calpestò:

“Anche tu, anche tu, anche tu! Andate al diavolo tutti, andate all’inferno tutti, fallite tutti, cani: non voglio più veder nulla, non voglio più saper nulla.”

“Per Dio!”

Frati raccolse la lettera, guardò la busta, c’era su stampato la ditta del tappezziere che aveva mobiliato l’ufficio, che insisteva per avere il saldo, che ingiuriava, che minacciava. Il buon giovine se la mise in tasca, per nasconderla agli occhi di Riccardo.

“Lascia stare, non c’è bisogno,” disse Joanna, che restava nella sua poltrona, coi gomiti puntati ai braccioli. “Oramai non m’importa più nulla. Mi dài il giornale di stasera?”

Frati andò in anticamera a farsi dare dal gerente una copia dell’edizione di provincia,