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240 il quarto d’ora di rabelais.


“Perchè si deve vendere il Baiardo, che è un vecchione, un rudere, una vacuità, ove non c’è più nè men spirito, ove non c’è nulla, nè un articolo, nè un dispaccio, nè la cronaca, nè nulla? Perchè si deve vendere il Sancio Panza, che è il monitore ufficiale dell’imbecillità, della sgrammaticatura, dell’ignoranza? tutto un cumulo di scempiaggini tradotte dal francese? C’è nessun giornale a Roma che abbia un ideale politico? Noi lo abbiamo, noi combattiamo per esso, ogni giorno, da tre mesi, senza tregua. Quando poi la polemica politica si è fatta in Italia con tanta vivezza, con tanta onestà, con tanto fuoco? Quel poco di vita letteraria che ci è in Italia, tutta è raccolta nel nostro giornale; noi pubblichiamo gli articoli di Brancani, di Cesare Dios, di Filippi, le novelle di Capuana, di Verga, di Navarro, i versi di Stecchetti, di Panzacchi, quotidianamente. E non siam stati noi i primi ad introdurre in Roma il sistema dell’informazione telegrafica, rapida, fulminea, colorita, palpitante? Quando mai s’è visto un lavoro giornalistico simile al nostro resoconto del processo Faella? Intanto nessuno risponde ai nostri attacchi, hanno paura, ci fanno la guerra vigliacca, ci fanno la camorra, impongono ai rivenditori di non gridare il nostro giornale, ci rubano le notizie senza citarci.