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226 il quarto d’ora di rabelais.

enorme con una grande catena d’oro spiccante sulla sottoveste nera, improvvisava un articolo politico a un piccolo e sottile deputatino dalla testina di vipera e dagli occhiolini di pesce; due giovani sposi forestieri, seduti l’uno di fronte all’altro, si ridevano negli occhi spartendosi un piatto di maccheroni; uno scrittore elegante di vestiti e di stile, caro alle signore, un Riccardo Joanna giovinetto, pranzava solo, barbaramente, con un po’ di caviale e con una costoletta in salsa d’acciughe.

Questi mentre Joanna passava guardando intorno con l’incertezza di quelli che entrano in trattoria per cercar qualcuno e non per mangiare, lo chiamò. Riccardo gli diede la mano a traverso il tavolino:

“Pranzi con me?” disse il ragazzo illustre.

“No, caro: cerco qualcuno.”

“Una donna?”

“No, un milionario.”

Il bel ragazzo fece un risetto freddo e indifferente cercando di prendersi coi denti due o tre peli dei baffettini invisibili.

Joanna preso da un improvviso impeto di tenerezza, da uno struggimento d’amore subitaneo per quella graziosa macchinetta d’aggettivi rimanti e di periodi sfarfallanti, sedette accanto al poeta sul canapè.