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piccolo. 13

Riccardo procedeva con una certa diffidenza, avanzando il nasino, indietreggiando il corpo, per la paura d’insudiciarsi. Sopra un tavolinetto vi era un bicchiere con un po’ di limonata in fondo: accanto una vecchia testata del Tempo, tutta nera d’inchiostro, tutta corrosa dalla polvere. Per cavare da uno scaffale un fascio d’Illustrazioni italiane Riccardo sollevò un nugolo di polvere, tossì: Paolo levò il capo, si baloccò con la penna.

“Che cosa scrivi, papà?”

“Scrivo che il prefetto è un cattivo, nino mio.”

“Gliene dispiacerà al prefetto?”

“Sì, nino.”

“Imparerà a esser cattivo,” disse imperiosamente il bimbo, con l’intonazione di un piccolo tiranno.

E si mise a sfogliare le Illustrazioni, senza parlare. Aveva subito imparato a non discorrere in ufficio, a non chiedere nulla, a non far rumore, a stare lungo tempo immobile, seduto, curvo sopra un giornale illustrato, sempre i medesimi giornali, senza seccarsi mai, come un bimbo precoce e saggio. Non si accostava neppure al balcone che dava sulla Piazza dello Spirito Santo, quasi alla fine di Via Toledo, donde veniva un grande rumore di carrozze e di per-