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i capelli di sansone. | 207 |
Donna Tecla partiva accompagnata da un giovane conte napoletano; vi fu un po’ di movimento, don Pompeo andò ad accompagnarla sino al giardino: Riccardo Joanna rimase, mentre si faceva ancora della musica; donna Caterina Spinola, al pianoforte, accennava vagamente a quel poema di lamento che è lo Stabat di Pergolese. Riccardo ascoltava, trasalendo dolorosamente, perchè quella musica rispondeva al suo tormento: ma su quella musica così piena di pianto, donna Clelia, la bella signora frivola e sempre allegra, metteva un risolino breve e chiaro ogni tanto.
“Che bella luna vi è in giardino!” disse don Pompeo rientrando.
Riccardo aspettava ancora, agonizzante: ma il suo sorriso fatuo nulla rivelava del suo cuore. Alla fine, decidendosi, salutò sottovoce donna Clelia: aveva deciso di essere vigliacco, di non parlare a don Pompeo. Ma costui, tutto premuroso, lo accompagnò in anticamera.
“Non posso soffrire la musica triste,” disse ridendo il banchiere; “donna Caterina ha l’aria di una coltre funeraria.”
“Neppur io ho voglia di morire,” rispose Riccardo.
Il banchiere uscì col poeta nel giardino: il plenilunio di aprile lo inondava blandamente.