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i capelli di sansone. 185


“Te lo farò: addio!”

“Domani, domani....”

Scappò via, scese nella strada, per pagare il cocchiere.

“Sarebbero tredici lire, sor padrone, è finito un altro quarto d’ora.”

Riccardo, generoso e superstizioso, per evitare il numero fatale gli dette quattordici lire; quando la carrozza si fu allontanata, egli prese la sua via, fra le onde di persone che rincasavano per pranzare, che si avviavano alle trattorie. Le botteghe del Corso erano sfolgoranti di lumi e di tentazioni, e nell’umidore di quella prima ora serotina, fra i volti pallidi delle persone affaccendate, fra le facce stanche di chi ha consumato le forze in una giornata di lavoro, qualche viso femminile, tutto dipinto, dagli occhi bistorti, appariva e scompariva, nascondendo l’ansietà sotto il sorriso. Ma in Riccardo la distrazione era profonda; cessata l’ansietà del bisogno immediato, una più grave, più profonda si faceva largo, cresceva nella sua anima. Le mille lire della cambiale, girata a Pompeo Savelli, quelle mille lire introvabili, impagabili, erano la sua grande tortura, come il cocchiere era stato la sua piccola tortura. Giusto sopra un cartellone rosso si promettevano mille lire di compenso a colui che sapesse trovare una