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158 i capelli di sansone.


“Ci vorrebbero cinque o sei anni.”

“Giusto quattro anni e due mesi. Credi tu che qualcuno me le presterà mai?”

“Io non lo credo, Scano mio.”

Tacquero di nuovo, pensosi. Mentre prendeva il caffè, Scano scriveva delle cifre con la matita sul piano di marmo del tavolino.

“Che fai?” chiese Riccardo.

“Calcolo.... calcolo che potrei pagare anche venticinque lire al mese, stringendomi un poco. Ma i calcoli.... i calcoli, come sai, sono una malattia....”

Riccardo non pagò, non volle vedere neppure il conto: anzi prese dal cameriere anche venti sigari di avana, regalias, e una scatola di sigarette russe. Scano non volle accettare che un sigaro e quattro sigarette; per schermirsi egli disse che i sigari napoletani erano superiori a tutti gli altri, e che lui li preferiva.

Sulla soglia del caffè Riccardo fu preso dalla incertezza; era l’una e mezzo, doveva andare alla Lotteria di beneficenza, in Via Nazionale, dove avrebbe trovato donna Tecla Spada, la mordente marchesa, dal naso sottile, dal mento acuto e dagli occhi neri e pizzicanti come il pepe. Ogni volta che si trovavano lui e la marchesa, che portava sempre un nastro rosso infantile negli arruffati capelli neri, vi era un