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i capelli di sansone. 147


“Non è possibile.”

“Non le ho, posso darti delle sigarette, se le vuoi.”

“Cinquanta lire?”

“Neppure dieci.”

“Eh va al diavolo!” gridò Joanna, con la sua voce lamentosa e rabbiosa di fanciullo viziato.

Gargiulo lo guardò coi suoi occhi chiari e inespressivi, ma non rispose. Egli nascondeva, sotto l’apparenza di persona istupidita dal fumo, la naturale e necessaria durezza della sua anima amministrativa. In fondo egli invidiava silenziosamente quei giovani redattori del Quasimodo che raccoglievano i minuti suffragi della stampa: biglietti ai teatri, sorrisi delle attrici, viaggi gratuiti per le inaugurazioni delle ferrovie; e prima di dar loro quattrini, quando li vedeva innanzi a sè, stretti da un fittizio o imperioso bisogno, egli si dava il piacere d’assaporare la sua potenza. Riccardo era già quasi uscito, quando Gregorio lo richiamò e gli disse:

“Ha letto quello che ha scritto sulla lavagna il direttore?”

Riccardo, senza rispondere, andò difilato nello stanzino che pomposamente si chiamava salotto di ricevimento: stanzino adorno di due