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la grande giornata. 137


“Signor Joanna?”

“Signor direttore?”

“Passi in amministrazione, quando le pare, a farsi pagare il suo articolo. Lo calcoli a dieci centesimi la linea.”

“Sta bene.”

Si lasciarono. Ma Riccardo Joanna non uscì subito di tipografia come faceva ogni sera. Stette a guardare le pagine nere che l’impaginatore metteva sotto i rulli lucidi d’inchiostro. Subito la macchina si mise in movimento, un va e vieni rapido, rumoroso, ingoiando fogli bianchi dal di sopra, rigettandoli dal di sotto stampati. Una per una, con lo sguardo, Riccardo Joanna seguì le migliaia di copie che venivano fuori dalla macchina, che erano piegate dalle mani agili delle donne, chiuse nelle fasce, riunite in pacchi per essere mandate alla posta: seguì le migliaia di copie che venivano consegnate a fasci al distributore che doveva darle ai ragazzi e ai chioschi.

“Dammi l’ultima copia,” disse sottovoce al proto.

Il proto gliela dette. La macchina si arrestò, il fornello fu spento, il gas fu abbassato, un silenzio regnò nella tipografia. Solo, fra le ombre bizzarre della macchina, con quel giornale in mano, Riccardo Joanna ebbe un minuto