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136 la grande giornata.

troppo folta d’idee: e vibrava in essa un umorismo giovanile fatto di melanconia, una ironia piena di forza. Egli si dilettava in quella lettura, come un lettore che s’incontra in qualche cosa che assai gli piaccia, anche ignorandone l’autore. Mentre finiva quella lettura, il redattore capo entrò, guardò il correttore e gli disse:

“Joanna?”

“Signore?” e si alzò.

“Ha fatto lei quell’articolo firmato Glauco?

“Sissignore.”

“Ah!” fece soltanto l’altro.

Nulla soggiunse, voltò le spalle, uscì. Non aveva dimostrato nè collera, nè allegria. Joanna ricominciò il suo lavorío, sulle due prime pagine: l’articolo era in seconda pagina, e in colonna pareva abbastanza lungo. Andò in tipografia, la terza pagina non era pronta, dovette aspettare, seduto sull’alto seggiolone, innanzi al leggío, sotto la vampa del gas. Il direttore andava e veniva, affrettando i compositori, il giornale era un po’ in ritardo quella sera e non sarebbe partito in tempo: gli abbonati avrebbero mormorato il giorno seguente. Quando gli ebbero portato la pagina, Riccardo si adoprò a far prestissimo, la macchina era pronta. Il direttore arrivò sino al leggío e acconciandosi le lenti d’oro sul naso, con un modo familiare, disse: