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108 la grande giornata.

si fermava innanzi alla porticina magica: era un uomo politico che veniva a portare una notizia, o una signora che gentilmente faceva da reporter, o era un redattore, forse, un redattore che possedeva vettura. Riccardo abbassava la testa sulle bozze: ma la sua anima era sconvolta. Penetrato nel cuore del Baiardo, nella sua intima manifattura, egli era sempre escluso dalla sua vita: il giornale lo aveva assorbito ed egli vi perdeva ogni giorno la sua personalità, ignorato, strumento volgare e non necessario. Ogni tanto, vi era un barlume: quando al Tordinona o al Valle vi era un’opera nuova, prosa o musica, faceva le riviste teatrali un meridionale, un Napoletano, dal grosso naso piovente sui baffi, miope, geniale. Queste riviste bizzarre erano a base di freddure, tempestate di freddure, in versi, in prosa, in italiano e in latino, talvolta comicissime: e siccome lo scherzo spesso dipendeva dalla spezzatura di una parola, da un nome in carattere corsivo, da una ortografia bislacca, così il redattore, ogni volta, veniva a correggere personalmente le sue bozze, sedendosi accanto a Riccardo, scambiando con lui qualche parola. Quello scrittore non era mica molto allegro, come del resto non è nessuno scrittore di cose allegre: ma era simpatico, parlava col largo accento napoletano, e