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mandarsi a Dio, il quale non le avrebbe abbandonate.

Fermo era l’accento della misera donna, colpita da tanta sciagura, nell’ultimo limite della sua età e del suo coraggio, ma vi trapelava lo smarrimento di una coscienza candida, sgominata da un castigo inaudito, inaspettato, ineluttabile. E dalla sera prima, a ogni parola, a ogni atto, a ogni passo, dalle labbra delle monache esciva un ritornello tetro, lugubre:

— Sorella mia, è l’ultima volta che diciamo le preghiere del vespro, insieme.

— Sorella mia, è l’ultima volta che cantiamo il Pange Lingua, insieme.

— Mia sorella, è l’ultima sera che passiamo, insieme, per questi chiostri.

— Sorella, è l’ultima notte che ci concedono di dormire, in questa cella.

A ognuna di queste frasi mortali, di abbandono, di distacco, di addio, tutte le