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Da molti anni, suor Giovanna aveva obbliata ogni cosa della sua vita anteriore alla monacazione. Prima dolorosa, angusta, opprimente, insopportabile a un temperamento passionale come il suo, la vita delle Trentatre aveva finito per domare quell’anima ribelle, quel cuore impetuoso, quel sangue troppo caldo. Suor Giovanna della Croce aveva molto patito, dei suoi voti: aveva pianto di rabbia, di noia, di tristezza, di languore, per molto tempo: ma le supreme consolazioni, lente, tranquille, costanti, erano discese su lei, con il regime mistico, morale e fisico di una esistenza claustrata, con quelle consuetudini umili, semplici, candide, quasi puerili, delle giornate monacali, con quel rimpiccolimento della esistenza materiale, quella continua elevazione spirituale nelle orazioni, con quelle formule sempre ripetute del rito che spezzano le volontà, sua-