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da fare in quella giornata di festa e avendo udito a parlare, con una certa pompa, di questo banchetto dato ai poveri, erano venuti là a passare un’oretta. Vi era anche qualche ragazzo, venuto fuori dal collegio, per le vacanze di Pasqua. Lassù, nella galleria, come nei palchetti dei teatri, vi erano delle seggiole e dei seggioloni: le signore spettatrici, nei ricchi vestiti serici della Pasqua, ma portanti già i chiari cappelli primaverili, si curvavano sul parapetto della galleria, chiacchierando fra loro, comunicandosi le loro impressioni, dando in qualche piccolo grido di sorpresa, di pietà: il piccolo grido artificiale, delle persone ben pasciute, sane, ben vestite, cui appare il fantasma del povero, mezzo morto di fame, lacero, sudicio, in tutto il suo reale orrore. I collegiali, i bimbi, gittati sullo sporto delle gallerie, s’indicavano