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noscendosi, nulla sapendo l’una dall’altra, costrette a quell’unione e a quel contatto, su quei letti duri, fra quelle lenzuola aspre che appena ne covrivano i corpi, sotto quelle coltri pesanti che non davano calore, in quella camera, anche, si distendeva il sonno, divino beneficio di ogni creatura umana, la più infelice, la più abbandonata, la più dispersa, nel mondo.

A un tratto, la maniglia della porta che metteva in comunicazione le due stanze, si schiuse: qualcuno comparve nel vano.

— Chi è? — chiese Maddalena, la giovane malata, che aveva un sonno leggerissimo, alzandosi sul letto.

— Zitto! sono io, donna Carminella....

E il donnone, la cui voce era molto turbata, si accostò ai letti, traballando sulle sue gambe corte e grasse.