a un livello più basso di quello
della suora: e si accedeva alla casa, a questo solo primo piano, anzi, a
questo ammezzato, da un portoncino sempre aperto, senza portinaio, la
cui scaletta di marmo, un po’ sporca, giungeva sulla via. Suor Giovanna
della Croce aveva finito per amare questa casa dirimpetto che aveva un
aspetto così austero e così taciturno: le ricordava, non sapeva come, il
monastero di suor Orsola, con le sue fitte gelosie. Talvolta, ella
sogguardava fisamente dietro le gelosie, presa da una curiosità
bambinesca, ma non arrivava a scorgere niente. Qualche volta, aveva
visto una vecchia megera di serva aprire un po’ le due imposte verdi e
scuotere uno straccio, con cui aveva dovuto spolverare la camera oscura
e misteriosa che era dietro quelle gelosie: null’altro. Madre e figlia,
Grazia Bevilacqua e sua