Pagina:Serao - Storia di due anime, Roma, Nuova antologia, 1904.djvu/85


storia di due anime 83


piccoli, e, distrattamente, toccava sempre questo anello. Del resto, pareva un po’ affranta; si era appoggiata allo stipite del balcone: aveva abbassato il capo un poco. E fra le tante cose diverse, altre, Domenico Maresca, notò che Gelsomina si mordeva sempre le labbra, per farle diventar rosse.

Tacevano, entrambi, in un silenzio carico di pensieri. A tratti, giungevano grandi scoppi di parole gioconde, grandi risate: la musica taceva, gl’invitati divoravano le formette e i gelati. Gelsomina fu la prima che ruppe quel mutismo.

— Come stai, Domenico? — chiese, senza neppure guardarlo.

— Bene, Gelsomina...

— Sei contento? — ella continuò, levando i suoi occhi belli, carichi di una improvvisa ma non nuova tristezza, fissandoglieli in volto.

— ...sono contento... — rispose lui, evitando quello sguardo.

— Sei felice? — insistette lei, piegando il viso verso di lui, quasi forzandolo a guardarla, quasi volendo strappargli tutta la verità dall’anima.

Domenico esitò, un minuto solo. Ma si riebbe.

— ...sono felice — rispose, con sufficiente fermezza.

— Meno male — mormorò lei, scrollando le spalle.

Egli la guardò, interrogativamente, con una certa ansietà. Gelsomina fece un atto, come per sollevare i suoi capelli sulla fronte, come per liberare la sua testa da un pensiero, come per far dileguare l’ansietà di Domenico.