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storia di due anime 77


quella festa, che durava da tante ore, finisse, che tutti andassero via, che egli restasse solo, con Anna, per portarsela via, nella sua casa in via Donnalbina, ove, dalla mattina, la fedele Mariangela, che tutto aveva preparato, aspettava, fra i mobili nuovi, nella casa antica tutta rinnovata, come aveva voluto Anna. In questo desiderio potente di quiete, di solitudine, di silenzio, con Anna solamente, non era nulla di sensuale: solo la volontà della liberazione dalla folla, dal tumulto, dalle faccie accaldate, dalle voci avvinazzate, lo stringeva. E pensava che il ballo non sarebbe, poi, durato molto, e che tre quarti di quella festa erano già trascorsi; avrebbe fatto fare, subito, le due distribuzioni rituali di formette e di gelati, per sbrigare la società. E, rientrando, nel salotto da ballo, tra il gran rumore, udì il comando di don Biagio Scafa:

— Quadriglia, en place!

Subito, il compare lo afferrò al passaggio, lo fermò, lo admonestò vivamente. Vediamo, invitasse la sposa, per la quadriglia, era suo obbligo, tutti ballavano la quadriglia, anche le vecchie, anche gl’invalidi, voleva far restare seduta solamente la sposa?

— Ma io non so ballare la quadriglia! — protestò lo sposo, di nuovo gittato a un cimento cruccioso, ove la sua timidità fisica e morale lo torturava.

— Non importa! Si balla! Ti guido io! Ti conduce la sposa. Chiamo io, capisci? Ti sto vicino!