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68 storia di due anime


— Compare, andiamo da Pasquale, a’ galitta, dopo, insieme?.

A questi dialoghetti, a questi frizzi, la sposa, don Carluccio Dentale, i Dentale facevano delle smorfie leggiere, di disprezzo: o fingevano di non udire. Annina Maresca mangiava distrattamente, sempre impassibile, di rade parole; Mimì Maresca non mangiava affatto, bevendo, poichè aveva molta sete, dei bicchieri di acqua e vino, più acqua che vino. Ogni tanto, suo suocero si levava di tavola, gli veniva vicino e gli parlava all’orecchio: Domenico ascoltava, a occhi bassi, e rispondeva, pianissimo. Sempre si trattava di denaro; poichè Anna aveva voluto di accordo con suo padre, celebrare con grande pompa le nozze, per celare, almeno, con quel fasto insolito e inopportuno, che ella sposava un pittore di santi. Domenico si era dovuto sobbarcare a tutte le gravi spese di quel giorno, che si fanno, ordinariamente, dalla famiglia della sposa. Padre e figlia non avevano una lira; eppure avevano disposto largamente del portafogli di Domenico che, innamoratissimo, cieco e sordo di amore, non si rifiutava mai. Ogni momento, in quel giorno di nozze, don Carluccio avvertiva suo genero, suo figlio, come diceva solennemente, che ci volevano cinquanta lire, per questo, venticinque, per quest’altro, otto a quell’altro, che vi pensasse, non se lo dimenticasse. Alla mattina, Domenico gli aveva dato una somma, per provvedere: verso la metà del pranzo, dopo tre o quattro ricordi, all’orecchio, gli rispose: