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storia di due anime 47


— E allora, che fai?

— Penso.

— E a che pensi? — chiese lei, già sorridente. — Alle pecore che hai in Puglia?

— A tante cose... a tante persone — mormorò Domenico, quasi dicendolo a sè stesso.

— All’oscuro, stai?

— No, ho la lampada, accesa, innanzi all’Addolorata.

— Io avrei più paura — disse lei, con accento bambinesco e guardandosi intorno — io avrei più paura, con la lampada accesa. Mi parrebbe di vedere delle ombre...

— Quali ombre?

— Gli spiriti, Mimì, i morti.

— Che! — disse lui, come sognando — i morti non ritornano.

— Quando ero più piccola, Mimì, io, dopo il rosario, pregavo sempre la Madonna di farmi vedere la mia mamma... sai... quell’altra... la mamma mia vera... — e i grandi occhi di Gelsomina si fissarono, sognanti, guardando, nell’ombra, verso la strada.

— E l’hai mai vista? — domandò ansiosamente Mimì Maresca.

— No; mai.

— E io neppure, mia madre.

— Ma tu non te la ricordi? — chiese ingenuamente la fanciulla.

— Non me la ricordo — disse, brevemente, il pittore dei santi.

— Io sì, io sì, la mia.